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LA CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO “SALVA CASA”:
la riforma del Testo Unico dell’Edilizia

La Legge n. 105 del 24.07.2024 “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 maggio 2024, n. 69, recante disposizioni urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica” è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 27.07.2024 con le attese modifiche al D.P.R. 380/2001 (Testo Unico Edilizia).

Come noto (cfr. articolo pubblicato su queste News in data 11.06.2024[1]), il provvedimento in esame reca disposizioni puntuali di carattere urgente in materia edilizia finalizzate a fornire un riscontro immediato e concreto al crescente fabbisogno abitativo, supportando, al contempo, gli obiettivi di recupero del patrimonio edilizio esistente e di riduzione del consumo del suolo. 

Secondo quanto evidenziato nella nota di lettura[2], le predette disposizioni muovono, per un verso, dagli interessi pubblico e privato alla riqualificazione ed alla valorizzazione economica degli immobili e delle unità immobiliari interessate da lievi difformità e, per altro verso, dall’interesse dell’intero “settore casa” e del mercato delle abitazioni, per consentire il pieno utilizzo degli immobili e delle unità immobiliari che non sono pienamente commerciabili a causa di rigidità amministrative non sorrette da reali esigenze di tutela dell’interesse pubblico.

Di seguito si riportano le principali modifiche apportate in sede di conversione in Legge:

  • Art. 2-bis, comma 1 quater, “Recupero dei sottotetti”;
  • Art. 6 “Attività edilizia libera”;
  • Art. 9 bis “Documentazione amministrativa e stato legittimo degli immobili”;
  • Art. 23 ter “Mutamento d’uso urbanisticamente rilevante”;
  • Art. 24 “Agibilità”
  • Art. 31 “Interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire,
    in totale difformità o con variazioni essenziali”;
  • Art. 34 “Interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di
    costruire”;
  • Art. 34 bis “Tolleranze costruttive”;
  • Art. 34 ter “Casi particolari di interventi eseguiti in parziale difformità dal titolo”;
  • Art. 36 “Accertamento di conformità nelle ipotesi di assenza di titolo, totale difformità o variazioni essenziali”;
  • Art. 36 bis “Accertamento di conformità nelle ipotesi di parziali difformità”;
  • Art. 37 “Interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla
    segnalazione certificata di inizio attività”.

I. RECUPERO DEI SOTTOTETTI

Il nuovo comma 1 quater dell’articolo 2 bis del Testo Unico Edilizia (D.P.R. 380/2001) dispone che gli interventi di recupero dei sottotetti sono comunque consentiti, nei limiti e secondo le procedure previste dalla legge regionale, anche quando l’intervento di recupero non consenta il rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini, alle seguenti condizioni: 

  • che siano rispettati i limiti di distanza vigenti all’epoca della realizzazione dell’edificio; 
  • che non siano apportate modifiche, nella forma e nella superficie, all’area del sottotetto come delimitata dalle pareti perimetrali; 
  • e che sia rispettata l’altezza massima dell’edificio assentita dal titolo che ha previsto la costruzione del medesimo. 

Il secondo periodo del comma 1 quater precisa che resta fermo quanto previsto dalle leggi regionali più favorevoli.

II. STATO LEGITTIMO DELL’IMMOBILE

L’art. 9 bis, comma 1 bis, del Testo Unico Edilizia conferma le importanti novità (già introdotte dal testo del Decreto Legge “Salva Casa”) concernenti la prova dello stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare, che può essere rappresentata alternativamente dal titolo abilitativo che ha previsto la costruzione dell’immobile o dal titolo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziari. In particolare, il riconoscimento dello stato legittimo determinato dall’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o l’unità immobiliare è condizionato dalla circostanza che l’amministrazione competente, in sede di rilascio del medesimo, abbia verificato la legittimità dei titoli pregressi

Il comma 1 bis dell’articolo 9 bis, che consente di fornire determinati elementi probanti nel caso in cui l’immobile sia stato realizzato in un’epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, è applicabile anche ai casi in cui sussista un “principio di prova” del titolo abilitativo del quale, tuttavia, non siano disponibili la copia o gli estremi.

Inoltre, nel nuovo comma 1 ter dell’articolo 9 bis viene ora previsto che ai fini della dimostrazione dello stato legittimo delle singole unità immobiliari non rilevano le difformità insistenti sulle parti comuni dell’edificio (di cui all’articolo 1117 del codice civile) e che ai fini della dimostrazione dello stato legittimo dell’edificio non rilevano le difformità insistenti sulle singole unità immobiliari dello stesso.

III. CAMBI DI DESTINAZIONE D’USO

Di particolare interesse e rilievo pratico appaiono anche le innovazioni contenute nel nuovo art. 23 ter del Testo Unico Edilizia, che disciplina il mutamento della destinazione d’uso urbanisticamente rilevante, mediante l’inserimento dei commi da 1 bis a 1 quinquies. In particolare, il mutamento della destinazione d’uso di un immobile o di una singola unità immobiliare si considera senza opere se non comporta l’esecuzione di opere edilizie o se le opere da eseguire sono riconducibili agli interventi di cui all’art. 6 (opere di edilizia libera). 

In sede di conversione in Legge delle modifiche apportate dal Decreto Legge sono state ulteriormente precisate le condizioni per il mutamento di destinazione d’uso tra categorie funzionali diverse, specificando che resta fermo, laddove previsto, il pagamento del contributo richiesto per gli oneri di urbanizzazione secondaria. 

Viene inoltre introdotta una specifica disciplina per il cambio di destinazione d’uso delle unità immobiliari poste al primo piano fuori terra o di quelle seminterrate. Il nuovo testo della norma dispone infatti che il cambio di destinazione d’uso (non solo per le unità immobiliari poste al primo piano fuori terra ma anche per quelle seminterrate) è disciplinato dalla legislazione regionale che prevede i casi in cui gli strumenti urbanistici comunali possono individuare specifiche zone nelle quali le disposizioni di cui ai commi 1 ter, 1 quater e 1 quinquies si applicano anche alle unità immobiliari poste al primo piano fuori terra o a quelle seminterrate.

Infine, ai sensi del riformato comma 1 quinquies dell’art. 23 ter, il mutamento di destinazione d’uso senza opere è soggetto al rilascio di SCIA ex art. 19 della L. 241/1990 e, nei restanti casi, al titolo richiesto per l’esecuzione delle opere necessarie al mutamento di destinazione d’uso.

Le disposizioni di cui all’art. 23 ter del Testo Unico Edilizia trovano applicazione diretta, fatta salva la possibilità per le Regioni di prevedere ulteriori livelli di semplificazione rispetto alla disciplina statale.

IV. CERTIFICATO DI AGIBILITA’ DEGLI EDIFICI: REQUISITI DI ALTEZZA E DI SUPERFICIE MINIMA

L’articolo 24 del Testo Unico Edilizia disciplina il certificato di agibilità degli edifici prevedendo che la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati, valutate secondo quanto dispone la normativa vigente, nonché la conformità dell’opera al progetto presentato e la sua agibilità, sono attestati mediante segnalazione certificata. 

Nel testo dell’articolo sono inseriti i commi 5 bis, 5 ter, 5 quater al fine di prevedere i criteri di conformità del progetto alle norme igienico-sanitarie, sino alla definizione dei requisiti stessi ad opera di successivo Decreto Ministeriale, in particolare i requisiti di altezza minima e di superficie minima.

In particolare, il tecnico progettista abilitato è autorizzato ad asseverare, ai fini della segnalazione certificata di inizio attività, la conformità del progetto alle norme igienico-sanitarie nei seguenti casi: 

  • locali con un’altezza minima interna inferiore a 2,70 metri, fino al limite massimo di 2,40 metri; 
  • alloggio monostanza, con una superficie minima, comprensiva dei servizi, inferiore a 28 metri quadrati, fino al limite massimo di 20 metri quadrati, per una persona, e inferiore a 38 metri quadrati, fino al limite massimo di 28 metri quadrati, per due persone.

Il comma 5 ter dispone che l’asseverazione di cui al comma 5 bis può essere resa laddove è soddisfatto il requisito dell’adattabilità[3], in relazione alle specifiche funzionali e dimensionali, previsto al Decreto del Ministro dei Lavori Pubblici n. 236/1989, e contemporaneamente è soddisfatta almeno una delle seguenti condizioni: 

  • i locali sono situati in edifici sottoposti ad interventi di recupero edilizio e di miglioramento delle caratteristiche igienico-sanitarie; 
  • è contestualmente presentato un progetto di ristrutturazione con soluzioni alternative atte a garantire, in relazione al numero degli occupanti, idonee condizioni igienico-sanitarie dell’alloggio, ottenibili prevedendo una maggiore superficie dell’alloggio e dei vani abitabili ovvero la possibilità di una adeguata ventilazione naturale favorita dalla dimensione e dalla tipologia delle finestre, dai riscontri d’aria trasversali e dall’impiego di mezzi di ventilazione naturale ausiliari.

Il comma 5 quater, a chiusura della novella, fa salve le deroghe ai limiti di altezza minima e di superficie minima dei locali previsti dalla legislazione vigente.

V. INTERVENTI ESEGUITI IN ASSENZA DI PERMESSO DI COSTRUIRE, IN TOTALE DIFFORMITA’ O CON VARIAZIONI ESSENZIALI

L’art. 31, comma 3, del Testo Unico Edilizia, in materia di interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali, prevede alcune importanti novità; in sede di conversione in Legge del Decreto Salva Casa è stata introdotta la possibilità (comma 3) di prorogare, con atto motivato del Comune, il termine ordinario per la demolizione e il ripristino dei luoghi, pari a 90 giorni dall’ingiunzione, fino ad un massimo di 240 giorni nei casi di serie e comprovate esigenze di salute dei soggetti residenti nell’immobile al momento dell’adozione dell’ordinanza o di assoluto bisogno o di gravi situazioni di disagio socio-economico, che rendano inesigibile il rispetto di tale termine.

Inoltre, in caso di mancata rimozione dell’abuso da parte del responsabile e di conseguente acquisizione del bene al patrimonio comunale, il riformato art. 31, comma 5, prescrive, tra gli interessi da considerare nella Delibera del Consiglio Comunale che deroga al generale obbligo di demolizione, quelli culturali e paesaggistici, previa acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati delle amministrazioni competenti ai sensi dell’art. 17 bis della L. 241/1990.

Altresì, quando l’opera abusiva non contrasta con rilevanti interessi urbanistici, culturali, paesaggistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico, è previsto che il Comune possa anche alienare il bene e l’area di sedime, sempre previa acquisizione degli assensi, concerti o nulla osta comunque denominati delle amministrazioni competenti ai sensi del menzionato art. 17 bis, precisando che il responsabile dell’abuso non può partecipare all’alienazione: in tale ipotesi, il contratto di alienazione è sospeso fino alla effettiva rimozione delle opere abusive da parte dell’acquirente, ed il valore venale dell’immobile è determinato dai competenti uffici dell’Agenzia delle Entrate tenendo conto dei costi per la demolizione delle opere abusive.

VI. TOLLERANZE COSTRUTTIVE ED ESECUTIVE

L’art. 34 bis del Testo Unico Edilizia disciplina le tolleranze costruttive, che rappresentano lo scostamento dai parametri autorizzati in misura pari al 2%, che non sono considerate un illecito edilizio. Con il riformulato art. 34 bis si è voluto consentire di tenere conto, nell’ambito della definizione della tolleranza, di scostamenti rispetto alle caratteristiche costruttive previste nei titoli abilitativi che, seppur minimi, quando valutati rispetto a superficie di modesta entità possono impattare per più del 2% del totale.

Il comma 1 bis stabilisce una disciplina speciale per gli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024, introducendo quindi deroghe percentuali alle misure previste dal titolo abilitativo che disciplinano l’altezza, i distacchi, la cubatura, la superficie coperta e ogni altro parametro delle singole unità immobiliari. In particolare, le difformità dal parametro previsto dal titolo abilitativo non costituiscono violazione edilizia, purché la differenza rientri nel limite del: 

– 2% delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile superiore ai 500 m²; 

– 3% delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile compresa tra i 300 e i 500 m²; 

– 4% delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile compresa tra i 100 e i 300 m²; 

– 5% delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile inferiore ai 100 m²; 

– 6% delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile inferiore ai 60 m².

Gli scostamenti previsti dal comma 1 quali tolleranze costruttive sono applicabili anche alle misure minime individuate dalle disposizioni in materia di distanze e di requisiti igienico-sanitari.

Ai sensi del comma 2 bis, per gli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024 costituiscono inoltre tolleranze esecutive[4]

– il minore dimensionamento dell’edificio; 

– la mancata realizzazione di elementi architettonici non strutturali; 

– le irregolarità esecutive di muri esterni ed interni e la difforme ubicazione delle aperture interne; 

– la difforme esecuzione di opere rientranti nella nozione di manutenzione ordinaria; 

– gli errori progettuali corretti in cantiere e gli errori materiali di rappresentazione progettuale delle opere.

Previsioni particolari, poi, sono state introdotte per le unità immobiliari ubicate nelle zone sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità: il nuovo comma 3 bis dell’art. 34 bis D.P.R. n. 380/2001 pone in capo al tecnico l’onere di attestare che le tolleranze rispettano le prescrizioni dettate dal Testo Unico Edilizia con riferimento alle costruzioni in zone sismiche.

Infine, ai sensi del comma 3 ter, l’applicazione delle predette disposizioni non può comportare limitazioni dei diritti dei terzi.

VII. CASI PARTICOLARI DI INTERVENTI ESEGUITI IN PARZIALE DIFFORMITA’ DAL TITOLO EDILIZIO

Nel Testo Unico Edilizia viene introdotto il nuovo articolo 34 ter che prevede ipotesi particolari di interventi eseguiti in parziale difformità dal titolo. Nel dettaglio, è disciplinata la regolarizzazione degli interventi realizzati come varianti in corso d’opera che costituiscono parziale difformità dal titolo qualora lo stesso sia stato rilasciato prima dell’entrata in vigore della c.d. Legge Bucalossi del 1977

I predetti interventi possono essere regolarizzati alle seguenti condizioni:

– il titolo deve essere stato rilasciato prima dell’entrata in vigore della Legge Bucalossi (L. n. 10/1977)[5];

– gli interventi in questione non sono riconducibili ai casi previsti dall’art. 34 bis del D.P.R. 380/2001 sulle tolleranze costruttive.

L’epoca di realizzazione della variante è provata mediante la documentazione per la determinazione dello stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare oppure, nei casi in cui sia impossibile accertarla mediante la documentazione testé menzionata, è attestata dal tecnico incaricato con propria dichiarazione e sotto la propria responsabilità ai sensi del D.P.R. 445/2000. 

Al verificarsi delle condizioni citate, la regolarizzazione dell’intervento può avvenire mediante presentazione di una segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) e il pagamento, a titolo di oblazione, di una somma determinata ai sensi dell’art. 36 bis, comma 5, sentite le amministrazioni competenti secondo la normativa di settore.

L’amministrazione competente adotta i provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi o di invito a provvedere di cui all’art. 19, comma 3, della Legge 241/1990, anche in caso in cui accerti il contrasto delle opere con l’interesse pubblico concreto ed attuale alla loro rimozione. 

Viene inoltre previsto che le parziali difformità, realizzate durante l’esecuzione dei lavori oggetto di un titolo abilitativo, accertate all’esito di sopralluogo o di ispezione dai funzionari incaricati di effettuare verifiche di conformità edilizia, sono soggette, alle condizioni individuate, alla disciplina delle tolleranze costruttive di cui all’art. 34 bis, già introdotta dal Decreto Salva Casa.

VIII. MODIFICHE ALLA DISCIPLINA SULL’ ACCERTAMENTO DI CONFORMITA’

Le novità più rilevanti (ed anche più attese) apportate dalla conversione in Legge del Decreto Salva Casa attengono alla modifica dell’istituto dell’accertamento di conformità ora disciplinato, nelle sue diverse ipotesi di irregolarità anche con riferimento ai diversi titoli abilitativi, dai novellati artt. 36, 37 e dal nuovo art. 36 bis del D.P.R. n. 380/2001.

In particolare, vengono individuate due tipologie di accertamento di conformità in sanatoria, differenziando: 

a) gli interventi eseguiti in assenza, in totale difformità o in variazione essenziale dal permesso di costruire o dalla SCIA alternativa al permesso di costruire di cui all’art. 23 del Testo Unico Edilizia, per i quali, in quanto fattispecie di maggiore gravità, continua a permanere l’attuale regime della doppia conformità urbanistica ed edilizia (previsioni di piano e normativa tecnica), ossia della necessità di rispettare la normativa prevista sia all’epoca della realizzazione sia al momento della presentazione della domanda (art. 36); 

b) gli interventi in parziale difformità dal permesso di costruire o dalla SCIA alternativa al permesso di costruire nonché quelli realizzati in assenza o in difformità dalla SCIA “semplice” di cui all’articolo 22 del Testo Unico Edilizia, per i quali vi è il superamento della doppia conformità: si prevede che è sufficiente provare la conformità urbanistica ad oggi (ossia al momento della presentazione della domanda) e la conformità edilizia (normativa tecnica) all’epoca della realizzazione dell’intervento (nuovo articolo 36 bis). Tale disciplina si applica anche alle variazioni essenziali di cui all’articolo 32 del Testo Unico Edilizia.

Nei casi di difformità parziali si introduce la cd. sanatoria condizionata, in base alla quale il Comune può subordinare il rilascio del permesso/SCIA in sanatoria a seguito dell’esecuzione di interventi per rendere l’opera conforme alla normativa tecnica, edilizia, igienico sanitaria, nonché alla rimozione delle opere che non possono essere sanate. Il rilascio della sanatoria condizionata, effettuato dallo sportello unico per l’edilizia, è vincolato in ogni caso ad un onere, a titolo di oblazione, commisurato all’incremento del valore venale subito dall’immobile a seguito degli interventi.

In relazione agli interventi eseguiti in assenza o in difformità dall’autorizzazione paesaggistica (art. 36 bis, comma 4), si segnala la modifica apportata in sede di conversione del Decreto Salva Casa, per cui il dirigente o il responsabile dell’ufficio richiede all’autorità preposta alla gestione del vincolo apposito parere vincolante in merito all’accertamento della compatibilità paesaggistica dell’intervento anche in caso di lavori che abbiano determinato la creazione di superfici utili o di volumi ovvero in aumento di quelli legittimamente realizzati.

In aggiunta, è stata eliminata la norma (comma 3 dell’articolo 32 del Testo Unico Edilizia) che considerava sempre come variazioni essenziali le difformità parziali realizzate su immobili vincolati.

L’autorità competente si pronuncia sulla domanda volta ad ottenere l’accertamento di conformità in sanatoria entro il termine perentorio di 180 giorni, previo parere vincolante della Soprintendenza da rendere entro il termine perentorio di 90 giorni. Se i pareri non sono resi entro i termini di cui al secondo periodo, si intende formato il silenzio-assenso e il dirigente o responsabile dell’ufficio provvede autonomamente. Tali disposizioni si applicano anche nei casi in cui gli interventi di cui al comma 1 (realizzati in parziale difformità) risultino non compatibili con il vincolo paesaggistico apposto in data successiva alla loro realizzazione. 

Infine, le norme finali e di coordinamento prevedono che le disposizioni di cui ai commi 4, 5 e 6 dell’art. 36 bis TUE si applichino anche agli interventi realizzati entro  l’11 maggio 2006 per i quali il titolo che ne ha previsto la realizzazione è stato rilasciato dagli enti locali senza previo accertamento della compatibilità paesaggistica. Sono comunque esclusi gli interventi per i quali è stato conseguito un titolo abilitativo in sanatoria, a qualsiasi titolo rilasciato o assentito.

[1] https://studiolegaledalpiaz.it/blog/decreto-salva-casa-le-principali-novita/
[2] Nota di lettura n. 170: A.S. 1197: “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 maggio 2024, n. 69, recante disposizioni urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica” (Approvato dalla Camera dei deputati)
[3] Sul punto è opportuno evidenziare che l’adattabilità è definita quale la possibilità di modificare nel tempo lo spazio costruito a costi limitati, allo scopo di renderlo completamente ed agevolmente fruibile anche da parte di persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale (art. 2 lettera i) decreto del Ministro dei lavori pubblici 236/1989).
[4] L’art. 34 bis, comma 2, del Testo Unico Edilizia definisce quali tolleranze esecutive, limitatamente agli immobili non sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio, le irregolarità geometriche e le modifiche alle finiture degli edifici di minima entità, nonché la diversa collocazione di impianti e di opere interne, eseguite durante i lavori per l’attuazione di titoli abilitativi edilizi, a condizione che non comportino violazione della disciplina urbanistica ed edilizia e non pregiudichino l’agibilità dell’immobile.
[5] Si tratta della Legge che ha introdotto (art. 1) il principio che l’esercizio del diritto a costruire è subordinato ad una concessione edilizia rilasciata dal Comune, superando in tal modo il precedente regime della licenza edilizia. Come sottolineato in dottrina, un tale passaggio “sottintendeva il concetto che il diritto ad edificare non era più prerogativa privatistica bensì rimesso nelle mani dell’ente comunale, alla luce di un nuovo regime correlato agli standard urbanistici e carichi urbanistici”.