Con la recentissima Sentenza n. 16329 del 12 giugno 2024 la Suprema Corte è tornata a pronunciarsi in materia di liberalità non donative, chiarendo che non può ricondursi alla fattispecie della donazione indiretta dell’immobile la donazione di denaro che, pur funzionalmente collegata all’acquisto dello stesso, sia insufficiente a coprirne l’intero prezzo. In tali casi, oggetto di collazione è il denaro corrisposto e non la corrispondente quota di valore dell’immobile.
La donazione: nozione
Ai sensi dell’art. 769 c.c. la donazione “è il contratto col quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l’altra, disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa un’obbligazione”.
La donazione è connotata dalla presenza di un elemento oggettivo e di uno soggettivo:
- l’elemento oggettivo si caratterizza per il depauperamento del donante e per l’arricchimento del donatario;
- l’elemento soggettivo rappresentato dallo spirito di liberalità (animus donandi) del donante.
In particolare, lo spirito di liberalità costituisce la causa del contratto di donazione e si identifica con lo scopo tipico e costante perseguito dal disponente, a prescindere dai motivi che possono averlo portato a porre in essere l’atto di liberalità.
Lo spirito di liberalità può dirsi presente quando il disponente, nella consapevolezza di non esservi tenuto in virtù di un vincolo giuridico o extragiuridico, vuole arricchire il beneficiario, con conseguente depauperamento del proprio patrimonio.
La donazione indiretta
La donazione indiretta ricorre nell’ipotesi in cui il fine di liberalità, ossia lo scopo liberale di arricchire un’altra persona, non viene raggiunto attraverso il contratto di donazione ma attraverso diversi negozi.
In caso di donazione indiretta, la disciplina applicabile è quella propria del negozio utilizzato e non quella della donazione.
Ciononostante, il Legislatore ha previsto che alle donazioni indirette possano essere applicate alcune norme in materia di donazione. Nello specifico:
– le norme che regolano la revocazione delle donazioni per causa di ingratitudine e per sopravvenienza dei figli;
– le norme relative alla collazione;
– le norme relative all’azione di riduzione in caso di lesione della quota dei legittimari.
Il caso
Con la Sentenza n. 16329/2024 la Suprema Corte è tornata ad affrontare la materia delle liberalità non donative collegate all’acquisto di un immobile, in un caso riguardante il pagamento, da parte del donante, di una parte soltanto del prezzo del bene.
La Corte di Cassazione seguendo la strada già tracciata da precedenti statuizioni di legittimità ha distinto l’ipotesi in cui l’immobile venga interamente acquistato con denaro del disponente ed intestazione ad altro soggetto che il disponente intende beneficiare, dall’ipotesi in cui il donante paghi soltanto una parte del prezzo del bene.
Secondo la Suprema Corte, nel caso in cui l’immobile sia acquistato con denaro proprio del disponente e sia intestato ad altro soggetto che il disponente intende beneficiare, “la compravendita costituisce strumento formale per il trasferimento del bene, ed il corrispondente arricchimento del patrimonio del destinatario integra donazione indiretta del bene stesso e non del denaro” (ex multis, Cass., Sentenza n. 13619/2017; Cass., Sez. Un., Sentenza n. 9282/1992). Al contrario, “la donazione indiretta dell’immobile non è configurabile quando il donante paghi soltanto una parte del prezzo del bene, giacché la corresponsione del denaro costituisce una diversa modalità per attuare l’identico risultato giuridico economico dell’attribuzione liberale dell’immobile esclusivamente nell’ipotesi in cui se ne sostenga l’intero costo” (ex multis, Cass., Sentenza n. 2149/2014).
Ne consegue che, secondo quanto statuito dall’art. 737 c.c., in caso di collazione il conferimento ha ad oggetto l’immobile solo laddove l’intero costo del bene sia stato sostenuto dal donante; in caso contrario, l’imputazione riguarda solo il denaro corrisposto e non la corrispondente quota di valore dell’immobile.
Un orientamento contrario: Sentenze nn. 9194/2015 e 10759/2019
Nonostante l’orientamento più recente della Corte di Cassazione sia quello poc’anzi menzionato, è opportuno dar conto di alcuni precedenti difformi e, segnatamente, delle Sentenze nn. 9194/2015 e 10759/2019, che confutano l’argomentazione sopra esposta.
Tali pronunce, infatti, partono dalla considerazione che la donazione indiretta si realizza anche nel caso di compravendita di un bene ad un prezzo inferiore a quello effettivo allorquando la sproporzione tra le prestazioni sia di entità significativa, ma sia anche accompagnata dalla consapevolezza, da parte dell’alienante, dell’insufficienza del corrispettivo ricevuto rispetto al valore del bene ceduto.
In tali casi, l’oggetto della donazione è rappresentato esclusivamente dalla differenza fra il valore di mercato del bene ed il prezzo effettivamente versato. Le Sentenze indicate sostengono allora che, se si accogliesse la tesi, anche recentemente ribadita, secondo cui “la donazione indiretta dell’immobile non è configurabile quando il donante paghi soltanto una parte del prezzo del bene”, sarebbe inammissibile una donazione indiretta con lo schema del negotium mixtum cum donatione che si fonda proprio nell’individuazione della liberalità nello scarto consapevolmente accettato dal venditore tra prezzo dovuto e prezzo effettivamente versato.
Per questo motivo, l’orientamento contrario reputa che, laddove sia dimostrato lo specifico collegamento tra dazione di somme e loro successivo impiego, quand’anche il denaro fornito non siano in grado di coprire per l’intero il prezzo del bene, oggetto di liberalità debba essere identificato, analogamente a quanto affermato in tema di vendita mista a donazione, nella percentuale di proprietà del bene acquistato corrispondente alla quota parte di prezzo soddisfatta con la provvista fornita dal donante.
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