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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI, ORDINANZA DI RIMESSIONE ALL’ADUNANZA PLENARIA DEL 19.04.2023 N. 3974
GLI EFFETTI DELL’INOTTEMPERANZA ALL’INGIUNZIONE DI DEMOLIZIONE

Con la recente Ordinanza n. 3974 del 19.04.2023, il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha rimesso all’Adunanza Plenaria la questione connessa alle conseguenze derivanti dall’inottemperanza dell’ingiunzione di demolizione.

In particolare, i quesiti su cui dovrà pronunciarsi il superiore organo di giustizia amministrativa vertono sull’art. 31, commi 3 e 4-bis,D.P.R. 380/2001 (T.U.E. – Testo Unico Edilizia): il primo connesso all’effetto traslativo in caso di inottemperanza del privato; il secondo relativo all’irrogazione della sanzione pecuniaria.

Il caso

Con ordinanza di demolizione il Comune di Massa Lubrense ha ordinato alla ricorrente di demolire una serie di opere abusive realizzate nel fondo di sua proprietà. L’ordinanza è stata impugnata dall’odierna appellante innanzi al TAR Campania – Napoli e, nelle more del giudizio di primo grado, con altro provvedimento il Comune ha accertato l’inottemperanza all’ordine di demolizione n. 6620/2014, disponendo l’immissione in possesso dei manufatti abusivi e irrogando la sanzione pecuniaria di cui all’art. 31T.U.E.nella misura di euro 20.000,00.

La ricorrente, dunque, ha impugnato il provvedimento del Comune di Massa Lubrense innanzi al TAR, che ha confermato la legittimità dell’operato dell’Amministrazione procedente.

Di conseguenza, la ricorrente ha proposto appello avverso la pronuncia del TAR sulla base dei seguenti motivi: con il primo motivo, ha censurato il capo di sentenza con il quale il TAR, qualificando l’inottemperanza alla stregua di illecito permanente, ha ritenuto legittima l’irrogazione della sanzione; con il secondo motivo ha contestato l’illegittimità dell’acquisizione delle opere abusive al patrimonio comunale; con il terzo motivo, l’appellante ha insistito per la declaratoria di illegittimità derivata del provvedimento impugnato.

Breve introduzione normativa

In tale contesto, appare utile il richiamo dell’art. 31 T.U. Edilizia (D.P.R. 380/2001), che, come noto, al primo comma individua le ipotesi di abuso edilizio (assenza del permesso di costruire, totale difformità dal permesso di costruire rilasciato e variazioni essenziali dal permesso di costruire).

Il secondo comma della norma dispone che l’ufficio comunale, una volta accertato l’abuso edilizio, ingiunge al proprietario ed al responsabile dell’abuso la rimozione o la demolizione. Se, poi, il responsabile dell’abuso non provvede alla demolizione ed al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall’ingiunzione, secondo il terzo comma dello stesso articolo il bene e l’area di sedime, nonché quella necessaria, sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del Comune. Successivamente all’acquisizione l’opera dovrà comunque essere demolita, salvo la sussistenza di prevalenti interessi pubblici.

Per quanto riguarda i commi successivi, l’art 31 D.P.R. 380/2001 ha subito di recente delle rilevanti modifiche ad opera del D.L. 12.09.2014 n. 133, convertito con modifiche dalla Legge 11.11. 2014 n. 164 (cd. Legge Sblocca Italia), con cui sono stati inseriti i commi 4 bis, ter e quater, per i quali, nel caso di constatata inottemperanza, l’Amministrazione è tenuta ad irrogare una sanzione pecuniaria per un importo compreso tra Euro 2.000 ed Euro 20.000, da destinare esclusivamente alla demolizione ed alla rimessione in pristino delle opere abusive, nonchè all’acquisizione e dall’attrezzatura di aree destinate a verde pubblico.

Il contrasto giurisprudenziale

A seguito dell’entrata in vigore della normativa richiamata, si sono formati due orientamenti relativi alla natura ed alla finalità dell’illecito con essa sanzionato.

Con riguardo all’oggetto dell’illecito la giurisprudenza è divisa: per una parte[1], sarebbe il mancato ripristino dell’abuso edilizio; per altra parte[2] prevalente, l’art 31 comma 4bis sanzionerebbe nello specifico l’inottemperanza all’ordine di demolizione, ossia la condotta omissiva consistente nel non provvedere alla rimessione in pristino dopo aver ricevuto il relativo ordine.

Relativamente alla qualificazione dell’illecito, invece, per un primo orientamento[3], pressoché unanime, l’inottemperanza all’ordine di demolizione costituisce un illecito avente natura permanente che si protrae fino alla cessazione della situazione di illiceità, in quanto lo scadere del termine di novanta giorni dalla notifica dell’ordine di demolizione non determina il venir meno dell’obbligo di rimuovere le opere abusive. Per tale ragione, ritiene applicabile la sanzione anche agli abusi che, pur se precedenti all’entrata in vigore della norma, sono rimasti tali anche successivamente.

Conseguentemente, è stato affermato che il principio di irretroattività della legge – e delle sanzioni amministrative in particolare – non osta all’irrogazione della sanzione di cui all’art 31, comma 4 bis, citato, in relazione ad ordinanze di demolizione notificate in data antecedente rispetto alla sua entrata in vigore (settembre 2014), a condizione che l’inottemperanza all’ordine di demolizione si sia protratta anche dopo l’entrata in vigore della normativa.

Un secondo orientamento, che fa capo ad alcune sentenze di primo grado[4]ritiene, invece, che l’abuso edilizio abbia la natura di illecito istantaneo, facendone conseguire la non applicabilità della norma alle ordinanze per le quali il termine di adempimento fosse già scaduto alla entrata in vigore della norma.

L’Ordinanza n. 3974/2023 del Consiglio di Stato

Il Collegio rimettente ha ritenuto di aderire quanto alla natura dell’illecito sanzionato all’orientamento prevalente, che lo configura come illecito autonomo e distinto rispetto all’abuso edilizio di base, con l’elemento materiale costituito da una condotta omissiva specifica, consistente nel non provvedere al ripristino dello stato dei luoghi nei termini indicati nella ordinanza di demolizione.

Il Collegio nutre, invece, perplessità, quanto al fatto che tale illecito debba essere qualificato in termini di illecito permanente, anziché come illecito istantaneo con effetti permanenti, constatandosi che la scadenza del termine legale di novanta giorni comporta il consolidarsi della situazione antigiuridica, con conseguente irrilevanza dell’adempimento successivo al fine di escludere la sussistenza dell’illecito.

Non è infatti, secondo il Collegio, la condotta omissiva del privato a protrarsi oltre la scadenza del termine, ma solo i suoi effetti materiali; la cessazione dei quali, peraltro, una volta verificatosi il passaggio (di proprietà) del bene abusivo e dell’area di sedime in favore del patrimonio del Comune, non sono più sotto il controllo esclusivo del privato. Anzi, come già ricordato, parrebbe piuttosto precluso al privato, non più proprietario, intervenire (neppure presentando un’istanza di sanatoria ex art. 36 T.U.E., per la quale non sarebbe più legittimato, ma sul punto sussistono opinioni contrastanti) su di un bene che a quel punto appartiene ad altri, segnatamente al Comune.

In altre parole, la tesi favorevole alla natura di illecito permanente della condotta di inottemperanza parrebbe entrare in tensione con la costruzione concettuale e giurisprudenziale per cui, alla scadenza del termine, l’acquisizione al patrimonio comunale costituisce un effetto automatico di legge, e che l’atto del Comune avrebbe natura semplicemente dichiarativa.

Sulla scorta del dato giurisprudenziale del tutto prevalente, e visto l’effetto acquisitivo automatico, ad avviso del Collegio, per coerenza, la sanzione di cui all’art 31, comma 4 bis, non può essere irrogata in relazione all’inottemperanza ad ordinanze di demolizione notificate e “scadute” prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 133/2014, in ragione della natura istantanea dell’illecito: diversamente opinando si determinerebbe una frizione con il principio di irretroattività delle sanzioni amministrative sancito dall’art 1 L. 689/1981, nonché con il generale principio sancito dall’art. 11 disp. prel. cod. civ. secondo il quale la legge non dispone che per l’avvenire.

Ad ogni modo, registrandosi, come anticipato, un contrasto circa la natura dell’illecito sanzionato che è destinato a riflettersi anche sulla questione dell’applicazione temporale della disposizione di legge, il Collegio ha ritenuto che la soluzione del primo motivo d’appello debba essere rimessa all’esame dell’Adunanza Plenaria ai sensi dell’art. 99, comma 1, c.p.a..

Pertanto, la Sesta Sezione del Consiglio di Stato, dopo aver riepilogato gli indirizzi della giurisprudenza (non concordi) ed aver espresso il suo orientamento, con Ordinanza n. 3974 del 19.04.2023 ha deciso di rimettere all’Adunanza Plenaria i seguenti quesiti:

1) se, e in che limiti, l’inottemperanza alla ingiunzione di demolizione adottata ai sensi dell’art. 31, comma 3, del D.P.R. n. 380/2001, abbia effetti traslativi automatici che si verificano alla scadenza del termine di novanta giorni assegnato al privato per la demolizione;

2) se l’art. 31, comma 4 bis, del D.P.R. n. 380/2001sanzioni l’illecito costituito dall’abuso edilizio o, invece, un illecito autonomo di natura omissiva, id est l’inottemperanza alla ingiunzione di demolizione;

3) se l’inottemperanza all’ordine di demolizione configuri un illecito permanente ovvero un illecito istantaneo ad effetti eventualmente permanenti;

4) se la sanzione di cui all’art 31, comma 4 bis, D.P.R. 380/2001 possa essere irrogata nei confronti di soggetti che hanno ricevuto la notifica dell’ordinanza di demolizione prima dell’entrata in vigore della L. n. 164 in data 11.11.2014, quando il termine di novanta giorni, di cui all’art. 31, comma 3, risulti a tale data già scaduto e detti soggetti più non possano demolire un bene non più loro, sempre sul presupposto che a tale data la perdita della proprietà in favore del Comune costituisca un effetto del tutto automatico.

 

 

 

 

 

 

 

Studio Legale DAL PIAZ

[1]Consiglio di Stato, sez. II, 14/02/2023 n. 1537; T.A.R. Calabria, sez. II, n. 406/2022; Consiglio di Stato, sez. VI, 16/04/2019 n.2484; Consiglio di Stato, sez. VI, 3/1/2019 n. 85; 4/6/2018 n. 3351; 29/1/2016 n. 357; Consiglio di Stato, sez. VI, 09/08/2022 n.7023; Consiglio di Stato, sez. VI, 16 aprile 2019 n. 2484.
[2]Consiglio di Stato, sez. VI, 24/07/2019 n.5242; Consiglio di Stato, sez. VI, 25/07/2022 n.6519.
[3]Ex multis Consiglio di Stato sez. VI, 24/07/2019 n.5242; Consiglio di Stato, sez. VII, 28/12/2022 n.11397; Consiglio di Stato, sez. VI, 25/07/2022 n.6519). In senso adesivo a tale ricostruzione si segnala anche la decisione della Corte di Cassazione Civile, sez. II, 19/07/2022, n.22646.
[4]In particolare la sentenza del TAR per la Sicilia – Palermo n. 189 del 22 gennaio 2020, e la sentenza del TAR per il Piemonte n. 458 del 27 maggio 221.