Prof. Avv. CLAUDIO DAL PIAZ
Un ritratto
In materia di tutela del principio del contraddittorio
Cenni biografici
Claudio Dal Piaz (Bolzano 1931 – Torino 2014) è stato giurista, avvocato e professore di diritto amministrativo all’Università di Torino fino ai primi anni Duemila.
Dopo aver conseguito la laurea con lode in Giurisprudenza, fonda, nel 1956, lo Studio Legale Dal Piaz, divenuto negli anni una delle realtà più importanti del Nord Italia negli ambiti del diritto amministrativo, civile e penale amministrativo, nonché luogo di formazione per numerosi nomi noti del mondo forense ed accademico.
Tra le attività svolte, è stato Presidente della Sezione Piemontese dell’Associazione Avvocati Amministrativisti piemontese e Presidente emerito del comitato scientifico del Centro Pannunzio[1].
In data 2 luglio 2003 è stato insignito dell’onorificenza di Commendatore Ordine al Merito della Repubblica Italiana dal Presidente Carlo Azeglio Ciampi[2].
Contributo accademico e dottrina
La sua ricerca ha permesso di far luce su temi cruciali della materia, quali la teoria generale degli atti amministrativi e la giustizia amministrativa, tanto che la sua attività professionale e la sua opera hanno contribuito alla formazione del diritto amministrativo italiano moderno.
La sua produzione scientifica ha avuto inizio nella seconda metà degli anni Cinquanta, in cui sono state analizzate, in una prima analisi della giustizia amministrativa, le questioni relative alla sindacabilità degli atti amministrativi da parte del giudice ordinario[3].
Nel 1957 ha lavorato in collaborazione con il collega assistente Carlo Ferrari ed il Professore Piero Bodda alla stesura della monografia Giustizia amministrativa – Lezioni raccolte dagli assistenti Claudio Dal Piaz e Carlo Ferrari, che avrebbe vantato due riedizioni nel 1960 e nel 1963.
Inoltre, il Prof. Avv. Claudio Dal Piaz ha consacrato il suo lavoro tra gli anni Sessanta e Settanta con la pubblicazione di altre opere sulla materia, tra le quali spiccano, ancora oggi, Osservazioni su alcuni più recenti orientamenti in tema di efficacia soggettiva del giudicato amministrativo[4] e Sul contraddittorio nel processo amministrativo[5].
Il contraddittorio nel processo amministrativo: le riflessioni iniziali e le garanzie odierne, in tempo di Covid-19
Nello scritto Sul contraddittorio nel processo amministrativo, il Prof. Avv. Claudio Dal Piaz considerava la carenza di norme relative al contraddittorio nel processo amministrativo non una semplice lacuna di disciplina, ma un vero e proprio “sistematico disegno normativo tendente a sottovalutare, nel processo amministrativo, il rilievo del contraddittorio”[6], incentrando l’intero lavoro sul quesito se tale minor rilievo potesse ritenersi accettabile rispetto alle garanzie del processo civile e del processo penale, fondate sull’esigenza di presenza di tutte le persone interessate al giudizio e sul diritto di difesa costituzionalmente garantito[7].
Infatti, mentre nel processo civile, all’epoca, era già presente l’istituto del litisconsorzio, volto appositamente ad assicurare l’integrità del contraddittorio, una simile garanzia non sussisteva nel processo amministrativo: appariva infatti accettabile, secondo la dottrina e la giurisprudenza dell’epoca, che l’impugnazione di un provvedimento che interessava una pluralità di soggetti e la notificazione del relativo ricorso avvenissero soltanto nei confronti dei controinteressati e non anche nei confronti dei cointeressati.
La disciplina del contraddittorio nel processo amministrativo, all’epoca contenuta per lo più nel Regolamento di Procedura, non forniva indicazioni sull’individuazione delle persone alle quali doveva essere notificato il ricorso e nei cui confronti si estendeva il contraddittorio.
Una simile disparità rispetto al processo civile era riscontrabile anche in relazione all’intervento in causa, che nel processo amministrativo era presente nella sola forma dell’intervento adesivo, e non anche dell’intervento principale e dell’intervento litisconsortile.
Il Prof. Avv. Claudio Dal Piaz sollevava inoltre il problema della validità della decisione pronunciata in violazione delle norme sul contraddittorio, alla luce degli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali dell’epoca in materia di efficacia soggettiva del giudicato amministrativo.
I caratteri dell’imperatività e dell’immutabilità della sentenza si manifestavano non soltanto, infatti, nei confronti delle parti del giudizio oggetto della sentenza, ma anche nei confronti dei terzi. La situazione nella quale versavano tali soggetti risultava, quindi, singolare, dal momento che questi non potevano né intervenire nel processo quando questo era ancora pendente, né impedire l’esplicazione degli effetti della sentenza nei loro confronti[8].
Le riflessioni del Prof. Avv. Claudio Dal Piaz sul tema hanno fornito un prezioso spunto per la disciplina del processo amministrativo moderno e per lo sviluppo dell’intera materia, tanto da costituire un punto fermo anche in situazioni eccezionali, come quella determinata dall’attuale emergenza Covid-19.
Oggi, infatti, il contraddittorio nel processo amministrativo è garantito dal principio del giusto processo sancito dall’art. 111 della Costituzione e ribadito dall’art. 2 del Codice del Processo Amministrativo (C.P.A.) – di cui il contraddittorio costituisce corollario indispensabile -, dalla disciplina della notificazione (artt. 41 e 95 – rispettivamente, per i giudizi di primo e di secondo grado), dalla norma sull’integrazione del contraddittorio (art. 49) – la cui violazione determina l’improcedibilità del ricorso ai sensi dell’art. 35 del C.P.A. -, dalla rimessione al giudice di primo grado in caso di mancanza del contraddittorio o di lesione del diritto di difesa, disciplinata dall’art. 105 del C.P.A., e dalla previsione del mezzo di impugnazione dell’opposizione di terzo (artt. 108 e 109 del C.P.A.).
In primo grado, quindi, il giudizio è correttamente instaurato se il ricorso viene notificato ad almeno uno dei controinteressati (art. 41 del C.P.A.), salvo il dovere, in capo al giudice, di integrare il contraddittorio, ordinando la notifica del ricorso nei confronti di coloro che non siano stati inizialmente intimati (art. 49 del C.P.A.), affinché questi possano esercitare il loro diritto di difesa a tutela delle situazioni giuridiche di cui sono titolari.
In secondo grado, l’articolo 95 del C.P.A. ripropone la disciplina dettata per gli artt. 41 e 49, precedentemente illustrati.
L’integrazione del contraddittorio non è invece necessaria quando il ricorso è manifestamente irricevibile, inammissibile, improcedibile o infondato (art. 49, comma II e art. 95, comma V C.P.A.). Tale eccezione alla pienezza del contraddittorio è stata accolta, soprattutto dalla giurisprudenza, al fine di garantire il pariordinato principio di economia processuale.
Sul punto, occorre tuttavia distinguere tra il difetto di contraddittorio verificatosi solo in secondo grado (a seguito di mancata notificazione dell’appello a tutte le parti del giudizio di primo grado) e il difetto di contraddittorio originario, per il quale è previsto l’istituto della remissione al giudice di primo grado di cui all’art. 105 del C.P.A., apparentemente in contrasto con le previsioni ex artt. 49, comma II, e 95, comma V, del C.P.A..
Le decisioni dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, numeri 10, 11, 14 e 15 del 2018, hanno delineato più precisamente l’istituto.
Sussiste infatti un vizio cd “genetico” quando “a causa della mancata integrazione del contraddittorio o della erronea estromissione, una o più parti vengono in radice e sin dall’inizio private della possibilità di partecipare al giudizio-procedimento”[9] e, in presenza dei requisiti ex art. 49, comma II, del C.P.A., il giudice può pronunciarsi anche quando il contraddittorio non è integro.
Il vizio è “funzionale” quando “si traduce nella menomazione dei diritti di difesa di una parte, che ha, tuttavia, preso parte al giudizio, perché nei suoi confronti il contraddittorio iniziale è stato regolarmente instaurato, ma, successivamente, nel corso dello svolgimento del giudizio, è stata privata di alcune necessarie garanzie difensive”. In questo secondo caso, il diritto di difesa è leso nel giudizio e non dal giudizio[10].
Un esempio pertinente è costituito dalll’Ordinanza del Consiglio di Stato, Sezione II, del 15 luglio 2020 n. 4578, emessa in relazione all’impugnazione degli atti relativi ad una procedura concorsuale di progressione verticale, con cui è stato trovato un punto di equilibrio nel conflitto tra gli artt. 49, comma II, 95, comma V, e 105 del C.P.A..
In seguito al rigetto del ricorso da parte del T.A.R. Piemonte ed all’appello della ricorrente, il Collegio rilevava in via preliminare la mancata intimazione degli altri candidati, oltre a quelli nei cui confronti si è regolarmente perfezionata la notificazione del ricorso, che sarebbero stati titolari della posizione di controinteressati a causa del pregiudizio che avrebbero subito se la graduatoria fosse stata annullata in virtù dell’accoglimento del ricorso.
Tuttavia, il Collegio non riteneva sussistente un vizio originario nell’instaurazione del giudizio, poiché “il giudizio di primo grado […] è stato ritualmente incardinato con il coinvolgimento di tre candidati, senza che il giudice abbia inteso integrare il contraddittorio agli altri, pur in numero esiguo, per la ritenuta superfluità dell’adempimento alla luce della decisione assunta”[11]; quindi risultava sufficiente, ai fini della garanzia dell’integrità del contraddittorio e, contestualmente, della ragionevole durata del processo, l’integrazione del contraddittorio ai sensi dell’art. 95, comma III C.P.A..
Tale soluzione, pur conciliando le esigenze di integrità del contraddittorio e di economia processuale, presta il fianco a problemi di giustizia sostanziale, dal momento che un eventuale accoglimento del ricorso in appello (con conseguente annullamento degli atti della procedura concorsuale) non sarebbe più impugnabile nel merito, in quanto sarebbe solamente possibile adire la Corte di Cassazione per motivi di giurisdizione.
Il consolidamento di siffatta soluzione dipenderà dall’orientamento della giurisprudenza successiva.
La garanzia di integrità del contraddittorio è stata messa alla prova anche dall’attuale pandemia di Covid-19. L’emergenza sanitaria ha comportato l’adozione di misure speciali, introdotte con il Decreto Legge n. 18/2020 (“Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per le famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”), che hanno modificato l’assetto del processo amministrativo, adattandolo alle nuove esigenze di distanziamento sociale – in particolare, l’art. 84, comma V, in materia di processo amministrativo cartolare.
Tale articolo sanciva, per il periodo compreso tra il 15 aprile e il 30 luglio 2020[12], una deroga alle disposizioni del Codice del Processo Amministrativo sulla trattazione, stabilendo il passaggio in decisione sulla base degli atti depositati e senza discussione orale.
La Sezione VI del Consiglio di Stato, con l’Ordinanza n. 2539 del 21 aprile 2020, ha ritenuto opportuno dare una lettura costituzionalmente orientata della norma, che secondo un’interpretazione letterale non lasciava spazio ad alcuna possibilità di ottenere una trattazione orale su richiesta di parte, ammettendo esclusivamente un rinvio della causa per garantire la pienezza del contraddittorio scritto ex art. 73 del Codice del Processo Amministrativo.
Per dirimere il contrasto con le disposizioni costituzionali (in particolare, gli artt. 24, commi I e II, e 111, comma II) e sovranazionali (art. 6 par. 1 CEDU), il Collegio infatti ha chiarito che “ciascuna delle parti ha facoltà di chiedere il differimento dell’udienza a data successiva al termine della fase emergenziale allo scopo di potere discutere oralmente la controversia, quando il Collegio ritenga che dal differimento richiesto da una parte non sia compromesso il diritto della controparte ad una ragionevole durata del processo e quando la causa non sia di tale semplicità da non richiedere alcuna discussione potendosi pur sempre, nel rito cartolare, con la necessaria prudenza, far prevalere esigenze manifeste di economia processuale (e ciò in particolare nella fase cautelare, mentre la pretermissione della discussione nel giudizio di merito va valutata anche alla luce di potenziali effetti irreversibili sul diritto di difesa che andrebbero per quanto possibile evitati stante la necessaria temporaneità e proporzionalità delle misure processuali semplificate legate alla situazione pandemica “acuta”)”[13].
Con Sentenza del 29 maggio 2020, n. 2074[14], il T.A.R. Campania, nel rigettare la richiesta della difesa di rinviare l’udienza al fine di consentire la discussione orale della controversia, chiariva ulteriormente il tenore dell’art. 84, comma V, del Decreto Legge 18/2020 alla luce della tutela del diritto di difesa e del diritto ad un processo equo ex art. 6 par. I della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
Oltre a rammentare l’eccezionalità e la temporaneità della situazione che giustifica la norma, il provvedimento precisava la distinzione tra il contraddittorio, principio costituzionale imprescindibile in sede processuale, e l’oralità, che altro non è che una modalità di svolgimento delle attività processuali, che in talune circostanze può essere surrogata da altre tipologie di dialogo tra le parti e il giudice, quali il processo scritto di cui al c.p.c. e il rito camerale tributario ex art. 33 D.Lgs. n. 546/1992.
Con riferimento alla richiamata norma sovranazionale, il Tribunale respingeva le argomentazioni fondate sull’art. 6 par. I della CEDU in base dell’art. 15 della stessa Convenzione, che “In caso di guerra o in caso di altro pericolo pubblico che minacci la vita della nazione”, quale quello presente, consente una deroga alle disposizioni convenzionali, nella misura strettamente necessaria a fronteggiare la situazione di emergenza.
Infine, alla luce del diritto di difesa, il Collegio aggiungeva che non solo il contraddittorio, seppur momentaneamente limitato nella forma orale, rimaneva garantito grazie all’introduzione delle cd “brevi note” a contenuto libero da depositarsi nei due giorni liberi precedenti la data della trattazione, ma che nella causa in questione il rinvio dell’udienza a data successiva non si rivelava necessario, in quanto le parti avevano già ampiamente illustrato le rispettive ragioni mediante le memorie e le note di udienza e che quindi, un differimento ex art. 84, comma V, D.L. 18/2020 avrebbe solamente arrecato un pregiudizio alla ragionevole durata del processo.
Il successivo Decreto Legge n. 28 del 30 aprile 2020 (convertito con modificazioni in Legge 25 luglio 2020 n. 70) ha introdotto, all’art. 4, la facoltà per le parti di richiedere la discussione orale con istanza depositata entro il termine per il deposito delle memorie di replica – o fino a cinque giorni liberi prima dell’udienza per gli affari cautelari – mediante collegamento da remoto, al fine di garantire il contraddittorio e la partecipazione dei difensori all’udienza.
L’istanza può essere presentata congiuntamente dalle parti o anche da una sola di queste: nel primo caso l’istanza è sempre accolta, mentre nel secondo caso è prevista una valutazione del giudice, anche in base ad eventuali opposizioni avanzate dalle altre parti. La discussione da remoto può essere anche disposta d’ufficio mediante decreto.
La ratio della disposizione risiede nell’esigenza di evitare che eventuali rinvii delle udienze possano causare una paralisi nella giustizia amministrativa, pur non precludendo – se non nelle forme – il contraddittorio.
Tuttavia, il Consigliere di Stato Dott. Giovanni Grasso[15] ha esposto le sue perplessità in relazione alla natura dell’opposizione, presentata da una delle parti, all’istanza di discussione orale da remoto avanzata dalla controparte: “Discutere […] è un diritto del difensore: e non può essere “condizionato”, né dal rifiuto della controparte, né da un apprezzamento ob utilitatem a priori da parte del (Presidente del) Collegio. La discussione orale, insomma, non può essere preclusa, ma solo regolata nei tempi e nei modi, ed ora anche nelle forme […]”.
Inoltre, qualora l’opposizione fosse accolta, questa non potrebbe risolversi in una decisione allo stato degli atti, dal momento che cagionerebbe un’ingiustificata lesione del diritto di difesa per la parte opposta.
Il Consigliere risolve il quesito nel senso che l’opposizione possa essere esclusivamente riferibile alla discussione orale da remoto e non alla discussione orale in sé considerata. L’opposizione alla discussione orale da remoto può quindi essere considerata una richiesta di discutere in praesentia, anch’essa soggetta alla valutazione del giudice.
Quindi, sempre più, il contraddittorio è diventato un valore imprescindibile del processo amministrativo (e non solo), soprattutto allorquando messo a confronto con l’altro fondamentale principio della ragionevole durata dello stesso processo, anch’esso sovente minacciato dalle vicende connaturate ad un delicato periodo storico come quello che stiamo vivendo.
Senz’altro, ne Sul contraddittorio nel processo amministrativo, il Prof. Avv. Claudio Dal Piaz è stato uno dei primi giuristi che ha posto in luce l’importanza della tutela di tale fondamentale principio.
Teoria generale degli atti amministrativi
In tema di teoria generale degli atti amministrativi, ne Il trasferimento delle autorizzazioni e concessioni amministrative[16], il Prof. Avv. Claudio Dal Piaz ha esaminato la disciplina e le problematiche della trasferibilità di tali atti; sull’argomento, offre una soluzione efficace e finemente elaborata, superando gli ostacoli che la dottrina e la giurisprudenza di allora ritenevano insormontabili[17] (in particolare sull’indivisibilità tra la personalità della situazione giuridica di diritto pubblico e la sua trasferibilità) e dando prova del suo pensiero innovativo per l’epoca.
Partendo dall’assunto che, di regola, le situazioni giuridiche di diritto pubblico sono difficilmente modificabili in virtù della loro “personalità”[18] – in altri termini, del legame tra l’autorizzazione e la persona del titolare – il Professore descriveva le aperture della dottrina e della giurisprudenza sul tema, in particolare sulla decrescente necessità dell’intervento dell’Amministrazione nel trasferimento della titolarità delle situazioni giuridiche di diritto pubblico[19].
Ritenendo inaccoglibile la tesi dell’assoluta intrasferibilità, così come quella dell’assoluta trasferibilità delle situazioni giuridiche di diritto pubblico, il Prof. Avv. Claudio Dal Piaz offriva una soluzione in senso positivo rispetto alla loro trasferibilità, declinando, però la questione in due distinte possibilità: una prima, relativa al trasferimento in senso proprio, ossia al passaggio sia dell’atto che della situazione giuridica di diritto pubblico cui inerisce dal dante causa all’avente causa, attribuendo maggiore rilievo al carattere della “realità”, anziché della “personalità”, dell’atto[20], ed una seconda – rinvenibile in un numero più ampio di casi – in cui il trasferimento non avveniva automaticamente (tale ipotesi viene definita anche come “trasferibilità in senso relativo”), ma presupponeva un intervento dell’Amministrazione, che, pur interrompendo la continuità dei rapporti fra dante ed avente causa, legittimava l’ultimo nel godimento del bene o nell’esercizio dell’attività. Tale seconda tipologia di trasferimento si articolava, quindi, in un primo momento estintivo ed in un successivo momento costitutivo della situazione giuridica di diritto pubblico[21].
Il risultato che entrambi i metodi conseguivano era, da un lato, la legittimazione dell’avente causa nel godimento del bene o nello svolgimento dell’attività oggetto dell’autorizzazione o della concessione, dall’altro, la delimitazione del potere discrezionale dell’Amministrazione in relazione al trasferimento delle situazioni giuridiche di diritto pubblico.
Lo Studio
Durante la carriera accademica, il Prof. Avv. Claudio Dal Piaz ha svolto la sua attività professionale nello storico studio di Torino, che continua ad essere un punto di riferimento per privati, Amministrazioni e Società pubbliche e private, grazie all’altissima competenza e all’approccio onnicomprensivo rispetto al diritto ed ai diritti che il Professore ha sempre adottato e trasmesso ai suoi collaboratori, che ne hanno raccolto la prestigiosa eredità professionale, e da parte dei quali il presente scritto costituisce un sentito ed imprescindibile, anche se inadeguato, omaggio.
Studio Legale Dal Piaz
[1] Repubblica – Torino, Addio all’Avvocato Dal Piaz, domani i funerali – 4 giugno 2014.
[2] Elenco Nazionale dei Commendatori, n. 18656, Serie IV.
[3] Cfr., C. Dal Piaz, Osservazioni sui limiti del sindacato di legittimità dell’autorità giurisdizionale ordinaria sugli atti amministrativi, con particolare riferimento al vizio di eccesso di potere – 1957, Giappichelli;
C. Dal Piaz, Osservazioni sulla configurabilità di limiti alla competenza del giudice ordinario in tema di atto amministrativo viziato da eccesso di potere – 1959, UTET.
[4] C. Dal Piaz, 1960, Jovene.
[5] C. Dal Piaz, 1971, Giappichelli.
[6] Cfr., C. Dal Piaz, Cfr., C. Dal Piaz, Sul contraddittorio nel processo amministrativo – 1971, Giappichelli, pag. 7.
[7] Cfr., C. Dal Piaz, Sul contraddittorio nel processo amministrativo – 1971, Giappichelli, pag. 11.
[8] Cfr., C. Dal Piaz, Sul contraddittorio nel processo amministrativo – 1971, Giappichelli, pagg. 12-13.
[9] Cons. St., Ad. Plen. del 30 luglio 2018, nr. 10, punto 36.
[10] Supra, nota 8, punto 37.
[11] Cons. St., Sez. II, ordinanza del 15 luglio 2020, n. 4578, punto 4.
[12] Termine finale modificato dal dl 30 aprile 2020, n. 28.
[13] Cfr., Cons. St., Sez. VI, ordinanza del 21 aprile 2020, n. 2539.
[14] Cfr., T.A.R. Napoli, Sez. I, sent. del 29 maggio 2020, n. 2074.
[15] Cfr., Giovanni Grasso, Sull’opposizione alla discussione e allegazione documentale alternativa nel regime della oralità mediata eventuale – 9 giugno 2020.
[16] C. Dal Piaz, 1960, 1965, Giappichelli.
[17] Cfr., C. Dal Piaz, Il trasferimento delle autorizzazioni e concessioni amministrative – 1965, Giappichelli, pagg. 264 e segg.
[18] E che, pertanto, la trasferibilità di tali situazioni giuridiche sarebbe condizionata all’assenza (o alla perdita) del carattere personale delle stesse; – C. Dal Piaz, Il trasferimento delle autorizzazioni e concessioni amministrative – 1965, Giappichelli, pag. 265.
[19] Anche se, all’epoca, siffatti casi erano ancora pochi, dal momento che non sussisteva un vero e proprio potere di disposizione di una situazione giuridica di diritto pubblico in capo al privato; – C. Dal Piaz, Il trasferimento delle autorizzazioni e concessioni amministrative – 1965, Giappichelli, pagg. 269-273.
[20] Sul punto, l’Avvocato specifica che non si pone alcuna situazione di conflitto tra intuitus rei ed intuitus personae, ma che, semmai, potrebbe sorgere solamente la questione relativa alla sussistenza dell’intuitus rei; – C. Dal Piaz, Il trasferimento delle autorizzazioni e concessioni amministrative – 1965, Giappichelli, pag. 286.
[21] C. Dal Piaz, Il trasferimento delle autorizzazioni e concessioni amministrative – 1965, Giappichelli, pagg. 285-295.